Nostra Signora degli scorpioni

sarà anche un fumetto:

fumetto

Nostra Signora degli scorpioni

in libreria dal 27 marzo 2014

Nostra Signora degli scorpioni

con Laura Pariani, Palermo, Sellerio Editore, marzo 2014, pp. 440

 

Anni fa ci capitò di leggere un resoconto giudiziario di un delitto avvenuto nel 1813 nel novarese. Numerosi particolari sembravano evocare la vicenda narrata da Dostoevskij ne I fratelli Karamazov:
1) un padre avaro e sordo alle esigenze dei figli; 2) il distacco precoce dei tre figli che si allontanano da casa per la carriera militare, per un'attività commerciale in una città lontana, per la vita religiosa; 3) la sfrenata passione per il gioco e la “vita dissoluta” del presunto assassino, che si sfinisce in continui litigi col padre riguardo all’eredità; 4) l’arresto dell’imputato dopo una serata passata nei bagordi dell'osteria e il suo cadere dalle nuvole di fronte alle accuse di parricidio; 5) l’influenza di “cattivi libri” francesi che predicano la legittimità dell’uccisione di un padre indegno; 6) l'andamento del processo in cui si insiste sul carattere dell'imputato più che sui fatti.

Siccome i resoconti giudiziari erano molto spesso spunto letterario per Dostoevskij, perché non immaginare che lo scrittore russo in uno dei suoi viaggi attraverso l'Italia li abbia letti rimuginando su questi fatti? Sicuramente poteva rimanere colpito dalla frettolosità dei giudici e dai continui proclami di innocenza da parte dell'accusato, perfino sul patibolo. Dostoevskij aveva infatti recentemente pubblicato Delitto e castigo, al cui centro sta un assassino che per buona parte del libro non si rende conto del crimine commesso. Senza contare che lo scrittore conosceva bene a cosa può portare la passione del gioco.

A questa trama abbiamo intrecciato la storia di alcuni "femminicidi" avvenuti nella stessa epoca, che mai però diedero vita a un vero processo, probabilmente perché i delitti che avevano come vittime le donne erano considerati fatti privati e perciò di nessuna rilevanza giudiziaria. Con tale accostamento abbiamo voluto evidenziare la diversa disposizione della legge: severa e inflessibile se l’assassinio riguarda un maschio benestante, ma negligente se la persona uccisa (o istigata alla morte) è una moglie o una figlia. Anche questa parte della trama è un omaggio a Dostoevskij che nei suoi romanzi mise in evidenza la condizione subalterna delle donne, che spesso le portava a essere vittime predestinate della violenza altrui.

IL BOOKTRAILER

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RISVOLTO DI COPERTINA

Nell’avanzante autunno del 1869, Orta, sul lago, è un borgo tranquillo e forse intorpidito, solo con un fremito di animosità verso i forestieri. Ci vive Enrico Costa, detto il Francesino, ultimo figlio di una famiglia proprietaria squassata dalla disgrazia; vi soggiorna il grande scrittore Dostoevskij, in cerca di un riparo appartato dall’assillo dei creditori; vi scorrono le esistenze immutabili di tanti, ciascuno col suo soprannome, ciascuno con la smorfia tipica del volto che svela a tutti carattere e destino, ciascuno tormentato da qualcosa di indicibile. Perché qui, cinquantasei anni prima, è avvenuto un macabro delitto, di quelli germinati nel torbido di una famiglia e nell’odio di famiglie tra loro.
Teodoro Costa, bisnonno di Enrico, è stato ucciso con feroce violenza. Facilmente, la giustizia ha trovato il colpevole nel figlio Demetrio, ghigliottinato dopo un rapido processo. Tutta la famiglia dispersa.
Tornato dalla Francia, dove il nonno s’era stabilito seguendo l’armata napoleonica, l’ancor giovane Enrico il Francesino non è mai stato ben accolto in paese. Poeta e scrittore, ha sempre avuto il desiderio di scrutare nell’oscurità intorno alla storia dei suoi avi. Inoltre, un rasoio e un messaggio cifrato ritrovati per caso, gli sembrano una combinazione
troppo azzardata per non essere un messaggio. Il suo itinerario progressivo, di verità e di liberazione, s’incontra con la curiosità intellettuale di Fedja Dostoevskij, che invece è motivato dall’inquietudine e dal continuo interrogarsi sulla colpa e sull’odio alla base della sua ricerca spirituale.
Lentamente, si apre il velo della storia segreta, che è storia di tante vite che portano il proprio tributo di dolore, ingiustizia tragica e vendetta.
Al fondo di Nostra Signora degli scorpioni sta un fatto di sangue e abiezioni familiari realmente accaduto. Ma non è una cronaca, è un romanzo di atmosfera e di mistero, segnato da una densa malinconia, e richiama la letteratura che attraverso il delitto si immerge negli abissi dell’io (da cui la presenza allusiva nella storia del genio dei Fratelli Karamazov).
Una prosa che ricorre spesso al detto e al proverbio, usando il commento corale di una folla di personaggi di sfondo, evoca così in modo palpabile lo spirito dei luoghi, e scolpisce ogni personaggio nella sua unicità.


ASCOLTA LA LETTURA DEL CAPITOLO 10

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LA PRIMA PAGINA

Prologo

Lunedì, 16 agosto 1869

Il vecchio Luis Piana rimase per più di un’ora a fumare in silenzio nell’oscurità della riva, dove tre grandi salici si curvavano al vento, come se a stento potessero sostenere le loro foltissime chiome che ricadevano a lambire la superficie del lago. Era proprio qui che veniva ai bei tempi
con i ragazzi di casa Costa – Giovanni, Demetrio, e il servitorello Frèm – a fare il bagno o a cacciare bisce d’acqua; oppure poco più sopra, al pozzo dell’Orchéra, a cui erano soliti affacciarsi ridendo per contemplare l’occhio nero dell’acqua sul fondo.
Lo sciacquare ritmico delle onde sulla sponda pareva attenuare il disagio che l’aveva accompagnato per tutta la giornata: l’aria di festa per la processione di San Rocco, l’incanto di pagnotte e biscotti sul sagrato della chiesa, perfino i morosi che si pavoneggiavano in piazza, tutto gli era sembrato insopportabile. Non gli era mai successo di pensare così ossessivamente alla morte di Demetrio Costa... Forse era perché si avvicinava l’anniversario della sua decapitazione e la Carolina per giorni avrebbe avuto gli occhi rossi di pianto.

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