recensioni di La foto di Orta

Il Secolo XIX, 11 aprile 2001

Il Nietzsche innamorato. L'ultimo sogno del filosofo

di Sergio Buonadonna

Quanto vale scrivere un romanzo? La domanda è leggera perlomeno nel modo in cui se la pone Laura Pariani "galleggiando nella marginalità fondamentale di chi scrive e della scrittura stessa". Ma la domanda potrebbe essere maliziosamente pesante se letta in altro modo: che cosa devo fare per convincere dei miei romanzi la pigra società letteraria italiana?

Quasi certamente l’interrogativo non era e non è nella mente della bravissima autrice cui anzi fa premio la discrezione, ma è giusto porlo ora che giunge in libreria La foto di Orta (Rizzoli, pp. 213). Che, diciamo subito, è romanzo compiutissimo e gravido di domande sull’esistenza, il ricordo, l’amore, il rapporto con la morte, il rispetto, le illusioni, la simulazione, la memoria. E in ultima analisi la salvezza. Che qui contro l’oppressione della famiglia e l’inutile randagismo del viaggio, risiede almeno in una foto: la foto d’Orta.
Orta è un piccolo e fascinoso lago piemontese, ai piedi del Sacro Monte e della sua artigianale Via Crucis, dove nel maggio 1882 giungono Friedrich Nietzsche, Lou von Salomé, la madre di lei e l’ambiguo amico Paul.

Orta è il luogo dove Laura Pariani ha scelto di vivere, quasi appartata, per leggere il suo immaginario, attraverso la lente del silenzio, lontano dai rumori di una contemporaneità che sempre meno sembra vederla partecipe ma sempre più l’autrice de La signora dei porci cerca di filtrare attraverso una sua erotica sensorialità.

L’incontro è ambizioso. Da un lato il centenario del filosofo di "Così parlò Zarathustra", del pensatore il cui UeberMensch avviluppò Wagner dentro il sogno della mitologia estrema fino alla rottura senza ritorno. E dunque la necessità di non essere banali, celebrativi, scontati.

Dall’altro l’autrice che si sdoppia nel suo professore, che ne ricostruisce passo per passo, gesto per gesto, parola per parola, dubbio per dubbio, la giornata – unica – di un amore impossibile che segnerà il resto dei suoi anni malati, afflitti dall’Oscuro, la tabe ineluttabile (la lue, la depressione, la paranoia, la follia?).

E’ "una bestia bastonata" Nietzsche, quando ancora molti anni dopo ritrovando un biglietto, una foto di Lou, una foglia secca di agrifoglio e una caricatura rivive il sogno di quell’amore impossibile, non dichiarato o mal dichiarato, comunque represso dalla fobia della sorella Elisabeth, il "lama" che lo torturerà fino all’ossessione e alla morte.

Il momento "fatale", quello della scintilla di Eros non giungerà mai, era solo nella fertile fantasia di un uomo timido – di un represso che non superò mai le "puttanìe" – perdutamente innamorato della fanciulla che in lui invece vede solo il maestro non sempre attendibile, non sempre sereno. La promessa di un incontro resterà il miraggio, e "ciò che lui chiama amore era solo starle accanto".

Tutto vive come nel lettino dello psicanalista. "Hai voglia – scrive Pariani – di andare a riprendere certi ricordi, chinarti sulle loro ombre lontane e prolungare quelle mute conversazioni in cui, alle persone amate che non ci sono più, concediamo tardivamente le risposte che nel passato negammo".

Ma infine la letteratura è sogno anche se qui interpretato attraverso le foto di Fritz, di Lou, di Elisabeth, e poche altre immagini di viaggio italiano (a Roma, a Rapallo, a Genova) puntinate al muro davanti al computer della Pariani. Che vi si immerge e "ci cammina dentro come in una foresta di storie. Ché scrivere la vicenda di altri è quasi come raccontare un sogno: non invento, ricostruisco, intuisco tutt’al più; passo le dita compassionevoli sulla fragile trama degli avvenimenti a cui le fotografie alludono".

E la Pariani lo fa con avidità, sapiente uso della scrittura, preziosismi linguistici e spiazzanti aforismi, viaggiando sul doppio binario della libera ricostruzione storica che rimanda a chi scrive le domande esistenziali dell’inquietissimo Fritz. Un Nietzsche che "non ne può più di una vita divenuta così inabitabile" cui ora si contrappongono ora fanno da specchio i deliri erotici e l’ansia di annullamento di Tristano e Isotta, gli amanti ebbri di desiderio di "un mondo che il giorno illumina di menzogna".

L’opera è finalista al Premio Rapallo-Carige. Può essere l’inizio di un più maturo cammino.

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L'Unità, 1° aprile 2001

L'irrequieto Nietzsche e la pace di Orta

di Roberto Carnero

Il piccolo Lago d'Orta, nell'alto Novarese, è un luogo ricco di suggestioni letterarie. Da Orta, la cittadina eponima situata sulla sua sponda orientale, proveniva quella figura eccentrica di poeta inizio secolo, tra decadentismo e crepuscolarismo, che è Ernesto Ragazzoni (di cui Einaudi ha riproposto pochi mesi fa una scelta delle opere: Buchi nella sabbia e pagine invisibili). Ma questo lago ha ispirato anche Montale, che gli ha dedicato una poesia (Sul lago d'Orta), e di recente Laura Mancinelli vi ha ambientato il racconto fiabesco La musica dell'Isola (Interlinea).

Ora Laura Pariani colloca ad Orta l'episodio attorno a cui si sviluppa il suo nuovo romanzo: La foto di Orta. La fotografia è quella alla quale Friedrich Nietzsche, protagonista della vicenda, affida la memoria di una splendida giornata lì trascorsa. Siamo nel maggio del 1882 e il filosofo, che ha trentotto anni, fa tappa ad Orta con una donna parecchio più giovane di lui, di nome Lou von Salomé, accompagnata dalla madre e da un amico. Lou invita l'austero professore a una passeggiata in intimità, ma lui non coglie la proposta. Il ricordo di quell'esperienza ? di per sé minima, ma ingigantita nella portata dalle elucubrazioni di cui, negli anni successivi, Nietzsche la farà oggetto ? finirà per diventare I'unica consolazione in una vita sempre più triste, segnata da un impossibile rapporto con l'universo femminile e da una crescente conflittualità con la sorella Elisabeth.

La foto di Orta è innanzitutto un romanzo sull'incantesimo segreto che emana da certi luoghi. Orta, con l'isola di San Giulio che si specchia nelle acque del lago e il Sacro Monte dalle cappelle ricoperte di muschio, è un'entità fisica, reale, ma si confonde "con l'umido mondo del sogno". Allo spazio protetto di Orta fa da contraltare quello aperto delle altre città, attraverso le quali si snoda il tragico pellegrinaggio di un Nietzsche dedito a un grand tour di irrequietudine e malattia: Roma, Nizza, Venezia, Rapallo, Zurigo, Genova, Torino... Ma la foto, o meglio le foto, sono anche lo strumento grazie al quale la Pariani ricompone come in un mosaico la tormentata vicenda umana del filosofo tedesco, provandosi a "riempire con la letteratura ? presunzioni, ipotesi, invenzioni ? le distanze tra un'immagine e l'altra". La scrittrice ci svela, in alcune parti corsivate del testo, i meccanismi the presiedono a una macchina narrativa complessa e di sicura suggestione. È in questa zona d'ombra tra fatti ed ipotesi che il romanzo indaga, concentrandosi su ciò che continua a rimanere "tenacemente opaco, mancante, vuoto". Lo fa attraverso una struttura temporale mobile e una molteplicità di punti di vista, che danno al lettore la vertiginosa impressione di guardare la vicenda attraverso un caleidoscopio. Con la sua voce inconfondibile, il suo timbro originale, Laura Pariani si conferma con questo libro un'autrice a sé, che percorre una strada tutta sua, personalissima. Questo ne fa una scrittrice unica nel panorama della narrativa italiana attuale, o, se preferite, una grande scrittrice.

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la Gazzetta del Sud, 24 marzo 2001

Creature del caso unite da un capriccio

di Giuseppe Amoroso

La confusione della folla sul Lungotevere dà l'impressione "come di marionette appese a un filo che ne dirige i movimenti innanzi indietro": suoni di campane infrangono il cristallo dell'aria: la musica di un organetto scioglie la "lentezza della realtà"; Friedrich Nietzsche, seduto sotto la tenda di un caffè a piazza Barberini, sfoglia una guida della città, dalla quale esce un foglietto con la promessa di un incontro. La memoria va a Lou von Salomè a al pomeriggio di un giorno trascorso con lei al lago di Orta. Si spalancano fondali di un maggio profumato e circoscritto in un tempo immoto. Ma questi ricordi non salgono liberi dal passato: li filtra la voce di chi ha l'"avidità" di vivere attraverso i protagonisti delle sue storie. La voce intensa, "sospesa fra il computer e l'ansia", di Laura Pariani che, in La foto di Orta (Rizzoli, pp. 220), si riserva uno spazio importante, a partire da quel qualcosa di oscuro, di vuoto e di mancante che ogni vicenda possiede al suo inizio.

Forse è la "nota" malinconica e languida sospesa sul lago, una specie di incantamento che concede una lunare tregua di silenzio e di attesa, la sensazione impalpabile di un trovarsi nel sogno. Ma non solo i paesaggi, bensì anche le parole sembrano inseguire un sibillino ritmo interno, scoprire una musica o uno stupore, essere al contempo precise e ancipiti, segnali delle figure della trama romanzesca e dell'autrice che domina il testo ed è pure il testo stesso, intercambiabile intreccio di volti, soffi, trasparenze. Non si esce indenni da questo testo tentacolare, labirintico, franante su se stesso e riemergente con piani ben diversificati, severo e burlesco, sostenuto fin quasi all'accademia e ilare e facondo, fra neologismi, scosse verbali, metafore ardimentose, toni lirici, fulminee riprese del gioco strutturale, meticolose cronache.

Indica punti netti e, intanto, spiazza, deforma, segue percorsi lineari e contorce il senso, accartoccia ciò che è sapientemente disposto per attingere un impasto di sensazioni, questo testo polifonico, che ha la modernità dell'antico, la novità assoluta del già sofferto. Racconto di quella "grande mancanza di senso che è il mondo", degli odori di decomposizione e di morte, di oblio della carne e dell'anima che sente la carne, La foto di Orta è anche un diario dell'autrice che conosce nei suoi cammini "un freddo fiato che sa di marcio". Una corrispondenza stretta lega l'universo della finzione a quello di chi la crea e avverte il mondo muoversi in uno "schema" più grande della fantasia. E allora l'autrice, gli altri, i personaggi del libro sono tutti "gioppini destinati prima o poi a cadere a pezzi, rotti per sempre".

Pensa, il protagonista, al volto di Lou, "strazio acuto, disperato", ma è la Pariani che di quell'anno fatale "sa tutto", passa le "dita compassionevoli delle parole sulla fragile trama degli avvenimenti, pensa pure di staccarsi dal romanzo e di ritornarvi per riprendere la scherma-identificazione con le sue creature e aprire la porta ad altre storie. Continuano, intanto, i pellegrinaggi vani di Nietzsche: dalla tripudiante Roma estiva a Nizza, ancora dentro una vertigine e poi tra gente felice, con l'immagine ferma di quel lago e di Lou disponibile solo a guardare gli altri. "Ombra tremolante", divisa dai giorni di Orta, dalle rose non colte, dall'amore impossibile, il professore è ora a Venezia, in una silenziosa notte chiara, girovago disperato che non può dimenticare le frasi che lo hanno pietrificato sulla sponda opposta a quella della giovane amata.

E riprende la nomade vita dell'uomo, fatta di libri, stazioni ferroviarie, insorgenti mali, della velenosa ostilità e gelosia della sorella Elisabetta e dell'infido comportamento dell'amico Paul. Intermezzo di dolcezze e dolore è l'estasi solitaria di Lou e del lago, da portare nel fondo dell'anima, "fardello pesante", di luogo in luogo. Un dramma destinato al buio e salvato da quell'"altarino" di fotografie, disposto secondo un "ordine misterioso", che spinge Laura Pariani a scrivere di un uomo lacerato nella propria grandezza". Nel cuore di un universo "governato da segreti e invisibili accordi", Lou ride spensierata, ondeggia la veste nel continuo vento, il Sacro Monte, meta di una gita, è forse un'"arca di salvezza" ma si incupisce il cielo. E che valore ha quella foglia di agrifoglio donata da Lou? Dove ha sbagliato, il professore, pietrificato dal rifiuto di lei, pallidissima? Precipita l'ora e "chi scrive non può cambiare a piacimento il finale di una storia".

Miniera di innumerevoli momenti in cui la vita ci chiama ad affrontarla, il romanzo accerchia i due personaggi in un beffardo gioco di rinvii: creature del caso, avvicinate e allontanate da un capriccio inspiegabile e crudele e unite per sempre solo dalla "foto di un'ombra". Scomponendo la realtà in tante tessere fiammeggianti, Laura Pariani accende i cammini più oscuri con luce che abbaglia e presto si spegne, lasciando un'eredità di visioni, un inferno di forme dispettose, come quella di Lou che, scossa dal riso, si tramuta in un "piccolo fagottello sghignazzante". Ma è una ferita che non dura, come tutte le cose della vita. Come lo stesso ostinato amore di Nietzsche, "piccola larva grigia" avviata alla morte o inquieto fantasma di se stesso, nell'immensa piazza vuota di Torino: ad attendere ancora Lou, "la sua donna che ride". Un libro di struggente bellezza, cupo e solare, colmo di poesia e riflessivo, che converte nella suasiva musica della verità ogni aspra nota, anche il minimo accenno di dissonanza fra i blocchi narrativi e le inversioni cronologiche. La distribuzione degli episodi segue il sommerso flusso delle emozioni, dei ricordi e di un amore che difende la sua vanità, la sua sconfitta, trascorrendo nella natura, divenendo parte di quei suoi indecifrabili soffi. E allora vive più a lungo della sua effimera storia, tanto legata al contingente peso di una parola che fa franare il tempo e a un'indifferenza in grado di fermare il mondo. Discosta e partecipe, l'autrice indirizza sulla vicenda una pietosa luce di speranza: "Credo al tribunale assoluto in cui tutti coloro che avranno sofferto troveranno finalmente ascolto".

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Tuttolibri - La stampa, Sabato 7 Aprile 2001

Laura Pariani: al lago d'Orta Nietzsche sfiora la felicità

di Bruno Quaranta

Maggio 1882, il cuore del filosofo batte per Lou Salomé: tra romanzo, guida sentimentale, confessione d'autore rivive una giornata magica, la fotografia di chi non sa vivere se non tramontando.

Le foto, sì, un clic continuo, verso mezzogiorno. Da piazza Motta salgono gli americani, hollywoodianamente agghindati, li aspetta, là in alto, la chiesa infiorata, i flash acciuffano ogni sorriso o esitazione o stupore, la fiaba in dollari (perché è un business il matrimonio sul lago) sfila sull'acciottolato. Talvolta Laura Pariani, nella casa dei secoli, un angolo anteriore al Mille, l'altro cinquecentesco, scosta la tendina, o addirittura socchiude l'uscio, un po' commisera un po' sorride. Altri gli album che predilige, che attraversa, che reinventa. Uno, in particolare, l'ha avviluppata, porgendole i negativi narrativamente da sviluppare, da incarnare ("diventando le frasi che cerco"). Ecco "La foto di Orta", rinasco rinasco del milleottocento ottantadue, in maggio. Una giornata o poco più che avrebbe potuto trasfigurare la vita di Nietzsche, se solo... Se solo l'ira gelosa della sorella Elisabeth fosse affogata nel catino che emana "l'odore di oblio", se solo lui fosse stato diverso ("Ach, la tua infanzia ti ha consegnato il silenzio come una sorta di eredità che ha reso per te impossibile il darti a un'altra persona"), se solo fosse possibile scegliere in amore ("Beatrice mica si sceglie")... Lou, il nome della felicità sfuggita. Lou von Salomé. Con la madre e con l'amico Paul e con Nietzsche scesa a Orta, Orta che inocula "l'idea del rifugio estremo", che - tale la sua "proprietà ipnotica" - offre al filosofo l'àncora salvifica: "Per i naufraghi come te la felicità vera è una discesa interminabile nell'immobilità". E invece... Il professore salirà, con Lou, al Sacro Monte, con Lou si farà fotografare ("Per ricordarci uniti, per non dimenticarci mai di questa nostra amicizia"), a Lou rimasta senza stivaletti chiederà, invano, di sposarlo ("Mi spiace, ma credo che non sia scritto così per noi due"). Laura Pariani ricompone - immensamente caritatevole - quella foto, donando così un lume al professore recluso nella tetra stanza di Weimar, reggendo - silenziosa sorella come l'acqua di Orta - lo specchio in cui l'annebbiata figura rivede "l'unica vittoria scampata al tempo". Essere e ri-essere...: "Se lei ti ha dimenticato, tu no: avrai tanta forza da ricordare per tutti e due". E' un gomitolo intenso, "La foto di Orta", immerso nella mitologia (Nietzsche-Atteone, Atteone che domanda ad Artemide di sposarlo) e nel poema cavalleresco ("Tristano e Isotta": "Con ostinazione maniaca ti intestardisci a richiamare alla mente il motivo con cui si apre il preludio dell'ultimo atto . E' il motivo della Solitudine, l'unica scena in cui Isotta manca"). Esige un rispetto assoluto della parola, "La foto di Orta", dominata qual è dal "vizio della parola", attinta nel depositum classico, nei solai, nei vicoli, nella polvere... Richiede, "La foto", un passo mai distratto. Una disposizione monacale verso la letteratura. Laura Pariani - come non ricordare i racconti d'esordio "Di corno o d'oro"?, una prova non a sé, di un'esemplarità stilistica e morale che si riverbererà nelle opere successive - distilla pagine possessive, chi le affronta eredita la malìa di chi le ha composte ("All'inizio scrivere era una trave di legno per non naufragare, una scusa per isolarmi, un sotterfugio per ingannare familiari, colleghi, morósi. Ma ora non sono più padrona del bisogno di scrivere, né delle mie notti. La scrittura mi possiede"). Quanto è densa "La foto di Orta". C'è l'altalena della mente nietzschiana. C'è - in corsivo, sparsa qua e là - una sobria confessione d'autore ("Sul divano, ascoltando la Matthaüs Passion di Bach in fin dei conti immaginare è solo un modo diverso di essere nelle cose: pensandole vere per il tempo che è necessario a comprenderle"). C'è una sterniana, sentimentale guida al reame di San Giulio. C'è il richiamo dei "puarâsci" - sono i derelitti, gli "stracci", gli umiliati e offesi le anime predilette da Laura Pariani -, la "tentazione di divagare" raccontandoli: "Peccato, sarà per un'altra volta, ma non posso deviare dalla storia della giornata ortese del professore". Come se il professore - "il volto devastato dalle due depressioni che un tempo furono occhi" - non incarnasse il copione dei "puarâsci", di coloro che aristocraticamente (com'è tragico essere aristocratici) "non sanno vivere se non tramontando".

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Il Corriere della Sera, sabato 31 marzo 2001

Nietzsche e Lou Salomé: l' amore finito nel lago

di Isabella Bossi Fedrigotti

Coppie. Tra fantasia e storia, il nuovo romanzo di Laura Pariani racconta un viaggio a Orta del filosofo tedesco Nietzsche e Lou Salomé: l' amore finito nel lago. Il romanzo, si sa, ha la doppia facoltà di trasformare la verità in fantasia e la fantasia in verità, senza imporre nulla al lettore, ma lasciandolo libero di credere o non credere, di abbandonarsi al racconto oppure di resistere con distinguo e precisazioni. E, in genere, distinguo e precisazioni segnano lo spartiacque tra un racconto riuscito e uno che lo è un po' meno. Il nuovo libro di Laura Pariani, La foto di Orta (Rizzoli), che ricostruisce alcuni giorni del viaggio in Italia di Friedrich Nietzsche in base, sì, a testimonianze, lettere e diari, ma, soprattutto, in base al sentimento dell' autrice, lascia in verità poco spazio alla voglia di distinguere e di precisare. Importa, infatti, quasi niente se quei pensieri, quei tormenti, quelle ossessioni furono veramente del filosofo o se, invece, sarebbero soltanto potuti essere suoi, in quanto la narrazione trascina il lettore, lo tiene sulla corda, lo riempie di compassione per la desolazione interiore, il silenzio e il castigo che avvolgono le giornate e la vita dell' infelice viaggiatore. «Inventato dal vero», avrebbe definito il racconto Attilio Bertolucci. Centro della vicenda è il furioso innamoramento di Nietzsche per la capricciosa e brillante ragazzina russa, che ha meno della metà dei suoi 44 anni, Lou Andreas Salomé, incontrata per la prima volta a Roma nel 1882 e unitasi poi, assieme alla madre, alla compagnia degli itineranti formata, oltre che da Friedrich, dall' antico amico Paul Ree e dall' imperiosa sorella maggiore, Elisabeth Nietzsche. Al lago d' Orta, un tempo tappa obbligata per gli strani eri che scendevano in Italia, l'illusione di un possibile futuro comune tra il filosofo e l' irresistibile civetta si accende per un attimo, il tempo di un' escursione a due sul Monte Sacro, per poi spegnersi nel giro di 24 ore, lasciando il professore tramortito dall' improvvisa speranza di felicità subito interrotta, precipitata, bruciata. Il prescelto dalla piccola crudele, così sembra, non è lui, ma l' amico Paul e l' esile filo di comunicazione rimasto vivo con Lou anche dopo il disinganno di Orta verrà strappato con gelosa furia da Elisabeth, autoproclamatasi da tempo custode e manager del celebre fratello. Ma l' ossessione per la bella russa non lascerà più Nietzsche e lo accompagnerà negli anni, lungo le tappe sempre più melanconiche del suo viaggio, fino a quando l' Oscuro, cioè la follia, non gli recherà qualche momento di sollievo. Laura Pariani segue passo passo il suo protagonista, il suo eroe, alla fine quasi il suo alter ego. Scrittore e personaggio risultano inevitabilmente simili a un certo punto, affratellati non soltanto dal lungo stare insieme ma anche da qualcos'altro di più misterioso e di più inspiegabile quali sono le segrete affinità che a sorpresa possono legare le persone più disparate. Guida e sostegno all' ispirazione - lo ripete l' autrice stessa - sono state, accanto alla ricerca storica, le foto che rimangono di Nietzsche e dei suoi compagni di viaggio. Quella famosissima ed eloquente di loro tre, Friedrich, Paul e Lou, con il carretto, lei seduta a bordo che sventola una frusta fatta con un ramo di lillà, e loro, sottomessi e aggiogati come cavallini; ma anche altre immagini scattate a Orta, e prima e dopo. Il libro non le riporta, ma la fantasia le ricostruisce senza difficoltà. E ogni volta il filosofo, con il lungo volto senza sorriso e i folti baffi lasciati crescere per nascondere chissà cosa, fa pensare a quei compagni di classe che, nella foto ricordo, per l' atteggiamento rigido, per l' espressione spaurita, per delle scarpe, per dei vestiti, per degli atteggiamenti differenti da quelli di tutti gli altri, inequivocabilmente annunciano che la loro vita sarà in qualche modo segnata, in qualche modo diversa e infelice. Isabella Bossi Fedrigotti Il libro: Laura Pariani, La foto di Orta, Rizzoli, pagine 214.

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L'Avvenire, 7 aprile 2001

Un romanzo di Laura Pariani sul viaggio in Italia del filosofo tedesco

Nietzsche in vacanza sul lago d'Orta

di Fulvio Panzeri

Spesso l'attaccamento ad un luogo, porta a glorificarlo, anche solo attraverso le parole. Se poi è un luogo in cui si è scelto di vivere e che appartiene interamente alla propria anima, il racconto si può trasformare in una ricerca interiore. E' accaduto a Laura Pariani con il lago d'Orta, già raccontato in due intensi racconti: uno apparso sul nostro quotidiano e ora da poco raccolto nel volume Geografie del sacro (Pequod) e l'altro in una raffinatissima plaquette, Qui si dorme mica, pubblicata da Flussi (tel.0341-583416), una meditazione sul bisogno di memoria dei morti. Questi, adesso, sembrano splendide prove preparatorie per il romanzo che nel frattempo la Pariani ha scritto e che arriva in questi giorni in libreria, con il titolo La foto di Orta, che sta ad indicare l'inseguimento di un istante, irripetibile, di felicità, vissuto nel corso di una giornata del maggio 1882 da Nietzsche, nella sua visita al Sacro Monte della cittadina lacustre, un luogo incantato, un gioiello del territorio piemontese, che era meta frequente nel "grand tour" italiano del secolo scorso.

Lì arriva anche il filosofo tedesco, insieme alla giovanissima Lou von Salomé, a sua madre e all'amico Paul. E lì scoppia, fragoroso, un sentimento d'amore, che non troverà corresponsione, tra l'uomo maturo e la ragazzina. Tanto che Nietzsche le chiede subito di sposarlo, ricevendone una risposta negativa. Però quel giorno si imprime indelebilmente nella sua memoria e continuerà a ossessionarlo negli anni successivi, quando ripercorrerà tutti gli istanti e i momenti di quell'incontro e terrà vicino a sé la foto scattata a Orta. Saranno anni duri, per Nietzsche, tra depressione e malattia, tormento e riflessione.

Laura Pariani ricostruisce questa vicenda, come a lei conviene, con originalità di struttura e conducendo la narrazione, per gradi quasi per giungere ad un avvicinamento della verità segreta di un uomo, il suo punto di oscurità. Così il racconto via via presenta al lettore i vari frammenti di questa giornata, nel contesto del dissidio interiore vissuto dal protagonista, che troviamo in giro per l'Italia, da Roma a Rapallo, da Torino a Bellagio, sempre però con gli occhi e la mente rivolti a quel pomeriggio al Sacro Monte: "E' stata questa strada che scollina in discesa, col lago sullo sfondo, a ricordarti la Motta di Orta. O forse l'ora, la lenta passione rosata di questo tramonto dietro le montagne, con la stella della sera che si accende".

Malinconia e oscurità, necessità di capire e enigmi interiori, lacerazioni e rimorsi si inseguono in questa ricostruzione che si allontana dal cliché del romanzo storico, per intensità di un linguaggio poetico e forza lirica del paesaggio. La scrittrice si assume il ruolo di guida, una sorta di accompagnatrice discreta e in un frammento dà una spiegazione anche di questa comunanza che si è instaurata con un personaggio che non è una persona qualunque. Si chiede la Pariani: "Cos'ho in comune con questo uomo che osservo e descrivo?". Le sembra troppo facile, come risposta, l'indicazione della disperazione amorosa. C'è qualcosa di più, che non è ancora riuscita a identificare perché comprendere i personaggi per lei "non è un processo veloce; passa anzi attraverso un lungo non sapere, una fase di ascolto che mi sembra interminabile e a volte mi genera perfino un'ansia di domande".

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La Gazzetta del Mezzogiorno, 13 aprile 2001

Così parlò Nietzsche in silenzio

Nella Foto di Orta un Nietzsche di passaggio presso il lago novarese: follia, silenzi, amore.

di Michele Dell'Aquila

Manzoni, almeno in un primo tempo, il tempo delle tragedie e del romanzo, soleva dire che la poesia ha la funzione d'illuminare dall'interno le testimonianze della storia, e dunque d'inventare (da invenio, ricerco) parole, comportamenti, sentimenti, azioni, che forse non furono, ma sarebbero verosimilmente potuti essere.

Credo che a tale riflessione manzoniana si sia sentita vicina Laura Pariani nel suo sofferto romanzo (La foto di Orta, Rizzoli ed., pp. 220) nel quale ricostruisce gli anni della dolorosa vita di Nietzsche, i martellamenti della sua mente allucinata, l'interrotto discorso interiore nel quale i lampi della memoria, le spade del risentimento, la luce fuggevole di un amore impossibile, il decadimento fisico, la tenebra incombente segnano i giorni di una tragedia umana più che umana, scandita dai versi epigrafi ad ogni capitolo del Tristano e Isotta.

Orta è un piccolo lago dell'Alto Novarese un tempo frequentato da stranieri in cerca di riposo, di pace e di paesaggio congeniale. Di lì passò anche Nietzsche nel suo inquieto vagabondare italiano, dopo l'abbandono della cattedra di filologia e i primi segni del male. Nel maggio del 1882 vi fu un breve incontro con Lou von Salomé, una singolare figura di giovane donna intellettuale che sarebbe stata amica di molti scrittori e artisti tra i due secoli, con la madre di lei e con l'amico Paul, accusato poi di doppiezza e tradimento.
Poche ore di discorsi, e più di silenzi, un biglietto con promessa di un incontro a due, una passeggiata al Monte Sacro, una foto, una caricatura schizzata su un foglietto, una foglia secca di agrifoglio, cose che Nietzsche tenne con sé gelosamente conservate in una busta fino alla morte; un innamoramento senza riparo, una maldestra domanda di matrimonio subito respinta: tutto nel giro di un giorno e mezzo, sufficiente per costituire il polo doloroso di riferimento di un ininterrotto flash back che s'aggroviglia con le spire del male che avanza, le memorie di un'infanzia repressa, di un'educazione spietata, di una crescente consapevolezza d'incapacità ad adattarsi alla vita, al colloquio con gli altri.
Nella scansione del libro gli eventi s'intrecciano, le date si sovrappongono, nel precipitare verso l'oscurità e il disfacimento, nell'allucinato labirinto di sogni, visioni, pensieri, che nella notte senza fine prendono figura di esseri pietosi o crudeli (anche Eraclito, l'Oscuro, emblema del procedere distruttivo del tempo e della malattia), nel persistente crudele contrasto con la sorella Elizabeth, con la sua gelosia possessiva, con la sua implacata volontà di distruzione.

Ma nei soprassalti della memoria, negli strazianti riavvolgimenti della moviola dei ricordi, il chiodo che trafigge la sua mente straziata è sempre quel raggio di luce, quel lume di gioventù, quella intravista illusoria promessa d'amore e di vita.

La Pariani, che ha già offerto prove interessanti di scrittura in altri romanzi (Di corno o d'oro, Il pettine, La spada e la luna, La perfezione degli elastici, La signora dei porci), si accosta a questa materia con la cultura e sensibilità ed una partecipazione che travalica l'impegno biografico («ché scrivere la vicenda di altri è quasi come raccontare un sogno: non invento, ricostruisco, intuisco tutt'al più; passo le dita compassionevoli delle parole sulla fragile trama degli avvenimenti, sui loro sfilacciamenti...»), fino a diventare coinvolgimento simpatetico, ad identificarsi senza scampo con essa e con il Giobbe trafitto («Come potrei non scrivere di questo personaggio, volgere lo sguardo dall'altra parte, strapparmi da lui?»).

Lo fa mettendo a frutto la sua già sperimentata pratica di un mistilinguismo con forte capacità espressionistica, un parlato con apporti dialettali, tedeschi, colti, popolani, rappresentando con un tu in discorso diretto l'interrotto soliloquio del personaggio, giustapponendovi nelle pagine in corsivo, sempre più frequenti nell'incalzare del dramma, il proprio soliloquio, le riflessioni sugli eventi, la tensione dello scrivere, dell'entrar dentro, dell'illuminare dall'interno quelle poche scaglie di realtà effettuale, la foto di Orta, l'agrifoglio, il foglietto di carta quadrettata.

Così anche la pena di quella fine e l'eroe del pensiero sconfitto dalla vita ci vengono innanzi più umani, poiché la scrittura, pietosa, conosce la magia di ricomporre gli sparsi frammenti della vita e di offrircene l'immagine come in uno specchio: che restituisce forse altra cosa.

Ma alla fin fine l'unica che resista e persuada e mantenga viva l'illusione di una «conoscenza», oltre la soglia riduttiva e fuorviante delle poche cose avanzate dal naufragio.

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Il Messaggero, 10 aprile 2001

Sulle tracce di Lou con la Pariani

di Renato Minore

Incalzato dalla malattia che lo sta distruggendo, uno strano professore tedesco si aggira nella Roma del 1883 con la sorella erinnica e tormentatrice che lo pedina. Lo ossessiona un ricordo, la gita lacustre di un anno prima dove si consumò un impossibile amore. Nietzsche e Lou Salomé (è questa la coppia impossibile) sono al centro del romanzo di Laura Pariani La foto di Orta. Affidata a un biglietto per un appuntamento e a una foto distrutta dalla sorella Elisabeth, la vicenda dell'incontro di Orta si spezza nel ricordo in un lungo itinerario che abbraccia i diversi momenti della vita del filosofo: da Venezia a Nizza a Rapallo a Genova a Torino fino ai giorni del suo disfacimento a Weimar, con il malato ormai trasformato in «grosso insetto con le labbra arse e spaccate dalla febbre». Il filo continuamente ripreso è quello che porta al cuore di un'esistenza dolorosa e tragica, a una impossibilità radicale di amare, all'«immensa brevità di una notte nera, piena di tentacoli». Una ricerca appassionata quella della Pariani che, con tecnica da detective dell'anima, fiuta tra le foto e i documenti di più di cento anni fa, ne ricava indizi e suggerimenti, attratta irresistibilmente e fatalmente dal suo oggetto. Un affascinante romanzo congetturale a più strati, La foto di Orta: l'inseguimento di Lou da parte del professore è anche quello dello scrittore alle prese con il garbuglio di una storia enigmatica, ogni volta da ripercorrere per coglierne la sua vera catastrofica essenza.

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La foto di Orta, Milano, Rizzoli, La Scala, marzo 2001

Altre edizioni: Sehnsucht nach Orta, Verlag C. H. Beck, München 2002.