recensioni di I pesci nel letto

L’Indice, dicembre 2006

Laura Pariani, I pesci nel letto

di Lidia De Federicis

Quattro racconti, di lingua mista e antropologia contadina, premoderna, accomunati da un paesaggio di nebbia e acqua nell'alto Piemonte attorno al lago Cusio, compongono questo libro che inaugura la serie di narrativa italiana di un piccolo editore padovano. Ne occupa il centro "Il camminante", lungo e anomalo: lungo viaggio di espiazione che si risolve nella simbologia del ritorno e nelle parole dei poeti, "un luogo magico dove il tempo è fermo". Più semplici gli altri racconti, che ripropongono la miglior maniera di Laura Pariani, il suo talento magico, criptico a volte e mai banale, la sua dura bravura nel trattare con compassione la memoria storica di quel che sta in basso, donne e bambini. Ma cos'è una donna per l'uomo? "Voi donne siete come salici che si possono piegare e intrecciare, finché diventate canestri che noi maschi riempiamo, come ci piace". Le figure di donne esprimono il ribellismo di Laura Pariani. Tocca ai più piccoli filosofeggiare. Cosa dicono i due gemelli che sono morti subito dopo essere nati?: "Infine ci sarebbe toccato uno dei tanti modi di crepare: di fatica, d'infarto, di sete, bruciati, assiderati, di un cancro, per incidente, di dolore, dal gran ridere, per esaurimento, e così via; ché, se il diavolo ti aiuta, puoi al massimo morire bene".

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La Nuova Venezia, 19 dicembre 2006

Il senso di disagio e quel piccolo scarto dalla realtà che diventano letteratura

di Niccolò Menniti-Ippolito

Due volte finalista al Campiello, autrice di una quindicina di volumi, tra racconti e romanzi, Laura Pariani è erede di quella linea lombarda della letteratura italiana, che, aldilà delle gandi diversità, condivide una fondamentale attenzione per la parola, che mai viene banalizzata, mai lasciata andare, come se ogni trascuratezza linguistica diventasse un tradimento. C'è un racconto nel suo ultimo libro, I pesci nel letto, (...) in cui questa attenzione alla parola si trasforma addirittura nell'attribuire al nume una funzione salvifica. La vita di Julo, il "camminante" che ha compiuto quasi per destino un delitto imperdonabile, cambia quando cambia il nome dell'oggetto che per anni ha portato con sé, nel suo vagabondare per sfuggire ai ricordi. Quando il remo verrà chiamato ventilabro, quando lo strumento del marinaio diventerà, nel nome, quello del contadino, allora potrà ritrovare l'acqua, l'isola, una redenzione.

"Il camminante" è il più lungo dei quattro racconti di I pesci nel letto, ma accanto alle parole per la prima volta vi sono, nell'elegante volume pubblicato dalla padovana Alet, anche i disegni di Laura Pariani, che in realtà proprio come disegnatrice aveva incominciato la sua attività artistica. E i disegni aiutano in qualche modo a leggere queste quattro storie, che sono diverse tra loro, ma accomunate da due elementi: il primo è il lago, il lago d'Orta, intorno a cui i racconti ruotano; il secondo è la presenza di una sorta di alterità nei protagonisti, che sin nei tratti fisici mostrano una inquietudine, una impossibilità di accedere alla normalità che li circonda.

E' il caso della piccola Laura, protagonista del racconto che dà il titolo al volume, che racchiude nei suoi capelli ribelli, che nonna Delfa pettina con furia, il dolore precoce della perdita, della lontananza che popola le notti di incubi in cui i pescatori verdi si affacciano alla finestra. E' il caso di Julo, che ha gli occhi di due colori diversi, e per il quale i versi di Omero diventano un destino. Ma anche di Sorella Dindò, la sorella dai capelli scuri, intrecciati, che tutti guardano come se dalla sua bocca dovessero uscire rospi e serpi. E infine di Romolo e Remo, neonati subito morti, che dialogano con gli altri nel cimitero sul lago, in un brusio che i vivi appena percepiscono.

C'è sempre qualcosa di angosciante nei libri di Laura Pariani, un dolore che la scrittura, dando nome alle cose, prova a redimere, ma che rimane come una musica di fondo che determina il ritmo stesso del racconto, estraneo ad ogni accelerazione, cadenzato da un tempo che è insieme reale e irreale, fisico e metafisico, quasi che i personaggi, le storie, abitassero un mondo mai estraneo alla realtà, ma neppure completamente dentro la realtà: sempre un piccolo scarto, quel disagio che diventa letteratura.

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Stilos, 19 dicembre 2006

Racconto su immagini

di Anna Longoni

E' inevitabile che il lettore, prima di addentrarsi nelle pagine dell'ultimo libro di Laura Pariani, si soffermi sulla soglia: segno distintivo delle edizioni Alet è infatti la cura grafica riservata alle copertine, fin nel loro rovescio. In questo caso abbiamo, all'esterno, due disegni della stessa Pariani, accompagnati da alcune fotografie: sul verso della copertina due riproduzioni in bianco e nero del lago d'Orta, dove l'autrice vive e che fa da sfondo a tutti i racconti del libro, mentre all'nterno della quarta, a formare un dittico autobiografico perfetto, due scatti che ritraggono l'autrice bambina. Dalla copertina i disegni proseguono numerosi anche lungo tutto il volume e rappresentano, qui per la prima volta, l'altra voce con cui la scrittrice si rivolge al lettore, accompagnamento, che si fa illustrazione e disvelamento, di quanto narrato. A immagini dai tratti giocosamente infantili se ne affiancano altre surreali, spesso inquietanti: dapprima un cavalluccio marino con un nastro rosso, una statuina che si anima, una mongolfiera a forma di pesce, ma poi l'interno di una stanza con un quadro kafkianamente coperto da uno scarafaggio e una bambolina impiccata, una pistola fumante, un uomo senza volto, alcune creature fantastiche, il disegno di uno squarcio che si apre su un'immagine di morte.

Leggerezza apparente e drammaticità si intrecciano anche nel tessuto verbale di questi quattro racconti, di diversa lunghezza e di differenti tonalità, ma tutti attraversati da una comune tensione dolorosa: è la paura della piccola Laura alla prese con i fantasmi dell'infanzia e il misterioso mondo degli adulti del primo racconto, quello che dà il titolo al volume; è il senso di colpa che opprime il protagonista del "Camminante", riscrittura del mito fondativo dell'isola di S. Giulio del lago d'Orta; è l'isolamento e la diversità della protagonista della "Sorella Dindò"; è la voce dei morti nella danza macabra dell'ultimo testo, "Qui si dorme mica", in cui, circolarmente, ritorna una voce infantile, questa volta quella di due gemelli morti subito dopo la nascita, che pronunciano parole adulte dal cimitero dove li ha raggiunti la loro madre, morta suicida.

Di particolare intensità ci sembra soprattutto "La sorella Dindò", in cui la Pariani prende spunto dalla favola della sorella cattiva che si vede crescere sulla fronte una coda d'asino e dalla bocca uscire rospi e serpi (all'opposto di quanto accade alla sorella buona che ha ottenuto dalla maga una stella e rose che spuntano dalla bocca). Un personaggio, forse il più autobiografico, che incarna il destino di chi ha ricevuto il dono-maledizione della scrittura: la diversità, l'isolamento, la solitudine, la ferita, la necessità di tacere per nascondere parole che mordono. E' quello stesso destino a cui è già votata nel primo racconto, a questo strettamente legato, la piccola Laura, giudicata dai familiari una bimba "difficile", che nei suoi giochi infantili si tiene compagnia raccontandosi le molte storie che le frullano in testa: qui però la scrittura della Pariani si fa densa, diviene scalfittura dolorosa, urlo di parole crudeli destinate a raccontare i lati oscuri del mondo. La voce che nel primo testo si intreccia a quella narrante senza soluzione di continuità in uno slittamento verso la dizione infantile e dialettale, lascia spazio in questo racconto a un fruscio di rettili e insetti, a una parola che è "verità rossa della carne", che racconta "storie spettinate (...) storie selvatiche dal sapore di tana, dall'acre profumo di terra non raggiunta dal sole". Lo stesso profumo terribile dell'ultimo pezzo, raggelato nella sospensione senza tempo della morte ma anche, e ancor più dolorosamente, nella crudeltà di una vita ferita (quella della madre) o mancata (quella dei gemelli).

Di tono diverso il secondo racconto, il più lungo della raccolta, dai tratti meno tesi: se gli altri personaggi, in particolare la Laura bambina e la sorella cattiva, muovono da un mondo di favola per affacciarsi sulla realtà, qui la Pariani rimane ben dentro il confine rassicurante dell'atmosfera favolosa, dove colpa ed espiazione rivestono di senso l'esistenza. "Il camminante" è un racconto "alla maniera di", riscrittura di miti classici e di certe narrazioni medievali di cui ritroviamo tutti gli ingredienti: la profezia, la colpa involontaria (l'assassinio dei genitori), l'esilio, l'espiazione, la trasformazione, la pace ritrovata, il ritorno alla vita simboleggiata dall'acqua e dall'isola (quella di S. Giulio, appunto), un'isola simile a quella dell'infanzia, dove il protagonista, che scandisce le fasi di passaggio della sua vita cambiando di nome (Julo, Ulianno, Giulaj, Julius, Giulio), riesce a ritrovare nel canto, nella parola poetica che scavalca il tempo e i luoghi, la propria salvezza. Anche lo stile in questo testo si fa più pacificato, qua e là segnato persino dalla leggerezza di una voce narrante che guarda con disincanto alla materia antica del proprio racconto (e che ci ha ricordato certe riscritture di miti e leggende della Corti).

E' un bel libro questa raccolta di racconti, in cui trova conferma la forza di una scrittura che si addensa in una trama verbale senza smagliature, senza cedimenti di ritmo, ma che ci riserva anche la sorpresa di una Pariani disegnatrice, capace di trovare in un diverso codice gli stessi accenti della narrazione, tra favola e inquietudine.

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Il Corriere della sera, 7 gennaio 2007

Memoria e malinconia in quattro piccole favole

di Ermanno Paccagnini

Quattro racconti: diversi per disegno, misura e scrittura, e poerò con precisi fil rouge. A partire dalla presenza del lago d'Orta - luogo geografico, ma soprattutto "acqua" e "isola" - ove Laura Pariani ha scelto di vivere, portandosi però appresso quel milanes furàsté (così Delio Tessa) distribuito qua e là nelle forme sia dialettali che italianizzate. Quindi, le figure infantili: alcune tali per tutto il racconto, come Laura, la bimba di cinque anni del primo (I pesci nel letto) e i gemelli nati morti al momento del parto nell'ultimo (Qui si dorme mica); altre che in quella età son condizionate per le loro scelte future dall'atteggiamento dei grandi coi quali (tema costante di tutti i racconti, con la figura paterna o assente o castrante) vivono conflittualmente desideri e diritti al fantasticare. E ancora, a legare quelle trame i cui protagonisti sono a loro volta portatori di storie che germogliano naturalmente nella loro testa: un'atmosfera variamente fiabesca (un fiabesco che può incontrare il cinema di Bunuel in La sorella Dindò), pur con tratti da favola nera, come s'addice a storie che fanno i conti coi fantasmi, paure, incubi o sensi di colpa che ciascuno porta in sé. Di qui allora le due parole che s'intrecciano a disegnare un ulteriore significativo fil rouge: memoria (tra dovere del ricordare e impossibilità del dimenticare) e malinconia: ossia i sentimenti che più hanno a che fare con racconti di attraversamenti. Come l'attraversamento della vita che non puoi avere, nel "ciciarare" tra loro dei gemelli morti: in cui si rispecchiano i racconti d'altre vite da altre tombe, non ultima quella della madre. O il gattonare della piccola Laura nella linea di confine tra mondo fantastico dell'infanzia (in cui ci si chiede persino se i morti dialoghino) e mondo reale degli adulti. O la sorella Dindò, la bruna, brutta di casa rispetto alla vezzeggiata sorella bionda, che attraversa la maledizione e il rifiuto degli adulti alla ricerca d'una autonomia da eremita, fuori dal consueto, nel suo febbricitante "amore per il mondo abbandonato". O nel Camminante, lungo racconto in cinque parti, l'attraversamento d'una vita intera e, con essa, di luoghi, genti, sentimenti, sospinto dal senso di colpa. Racconti in cui tornano un po' tutti i topoi stessi del narrare. Con, proprio nel Camminante, attraverso la figura e la vita di Julo-Ulianno-Giulaj-Julius-Giulio, l'incrociarsi tra variazioni su Odissea e Vita di San Giuliano, fratello di San Giulio, che Iacopo da Varagine narra nella Legenda aurea (pp. 175-177 dell'edizione Einaudi) con tocco fiabescamente lieve e intenso (cede solo nella terza parte, fattasi più realistica). Stili e scritture diverse, dunque. Con disegni dell'autrice che accompagnano e intersecano la narrazione storico-favolistica del Camminante, le voci a puzzle da addolorata Spoon River lacustre di Qui si dorme mica, la mobile prospettiva tra prima e terza persona di Laura, l'oralità di Dindò. Quest'ultimo, il meno accattivante dei quattro racconti. E dai risvolti più tesi. Perché quello cui Laura Pariani consegna la metafora della propria scrittura. "Parole-serpe/rospo" cui spetta il compito di dar forma verbale al Notturno: al "lato oscuro del mondo".

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I pesci nel letto, Padova, Alet edizioni, settembre 2006

Per i singoli racconti vedi la bibliografia