recensioni di Primamà

La lettura, 8 settembre 2025

Laura Pariani trasporta le storie bibliche nella «brughiera a lombarda», con una lingua che attinge ampiamente aI dialetto. Qui Eva trascende sé stessa e si fa memoria, e memoria «vuol dire imparare oggi e domani da ieri»

 

LA PRIMA DONNA

di Ermanno Paccagnini

 

Mi ha riportato al maggio 1993 Primamà di Laura Pariani: ai racconti del suo esordio con Di corno o d'oro e in particolare alla «ronda dei ricordi» del Carlén, ambientati nella brughiera di quel territorio tra il Ticino e Magnago, e in quel dialetto milanes furestee (a dirla con il poeta Delio Tessa in trasferta da Milano) che tornano anche qui e con il consueto impasto linguistico-sintattico nel quale la parola scivola di continuo dall'italiano a quel dialetto, alla sua italianizzazione o alla deformazione dialettal-litanica, alla proverbialità contadina. E, però, con la significativa variante di i dónn che lasciano posto a le dónn, per un testo che ha per protagonista la primamà. Ossia Eva; e, con lei e attraverso lei, «il volto di tutte le donne», e «inevitabilmente il volto di tutte le nonnàve che ho conosciuto, la loro competenza in fatto di disgrazie, la sapienza nel contare le storie-belòrie della brughiera lombarda, nonché la fede antica nella Mamagrànda della Préa Krua che conforta le donne che si rivolgono a lei nel bisogno». Un'Eva raggiunta attraverso un lungo giro di lune, grazie alla «ronda del ricordo» che ha quali tramiti «Nonna Giuàna, la paziente», «Biszia Marién, l'audace» e la «mapuche» «doña Rosa, la sapiente». Un viaggio nel quale Laura stessa si fa personaggio direttamente interrogante anagrammandosi in «Ràula-storta», per «infine con tutti quei dubbiosi suoni di memoria» comporre questa «storia-belòria per conservare alle generazioni future l'immagine di Primamà».
Un approdo, quello a Primamà nel quale «rivive dall'interno» le storie bibliche, che ne fa il vertice della sua storia di narratrice. E ne viene un'Eva letteralmente strepitosa, rivisitata «con l'esperienza di millànta inverni sul gobbo», sino all'incontro col Tristo Trappoliere, e proprio mentre la Famiglia intera decide per l'abbandono di quel paese Senzanome, fatto di «cabáne nere e mute», e «dove sotto il peso degli inverni crudi le cabáne si sfasciano e le febbri strozzano i bambini, e rende taciturne».
Una Eva che nel raccontare le sue «storie-belòrie» ai piccoli, al tempo stesso si racconta: da quella nascita nel paese Senzapaura della quale ha il solo vago ricordo «di una grande mano che la rivoltolava nella polvere e un acre odore di fango»; alla cacciata di lei e Adàm da quel «Onnipòssio-di-lassù infastidito dalla frégola di carnalità da cui loro due erano stati presi nei prati argentati». Quell'Adàm Primopà dalla «mania soffocante di controllare tutto» impiccatosi a quasi mille anni poco tempo prima «al grande nùs, quella pianta che per tutta la vita gli ha dato noci e olio e ombra».
E i tanti figli: a partire da Kaìn che, «suggestionato dalle raccontazioni di Eva», ha scelto di occuparsi di piante, arbusti, semenze; e Abel, dal «carattere malmostoso e tuttonervi», tutto dedito alla caccia, come il padre; e l'omicidio: non per gelosia e qualità dei doni offerti a Dio, ma, assai più umanamente, come reazione di Kaìn  al bullismo gratuito e sempre più pesante di Abel. E poi l'allora «giovane Matusalèm — un gambecorte malmostoso» che decide di invertire «l'antica legge, da sempre osservata, secondo la quale le persone più deboli vanno protette» reclamata a gran voce da Eva, in nome dei «tempi che kambiano» e impongono l'obbedienza «alle decisioni della Ragunànza degli òmm!», per i quali «ogni disastro che accade nel paese Senzanome sta nella volontà dell'Onnipòssio-di-lassù che comanda con un rigore smisurato contro cui non c'è difesa».
Una legge maschile alla quale Eva e le «primefiòle» oppongono «i suggerimenti di Mamagrànda-di-laggiù, che viveva nelle profondità della terra e dell'acqua», da lei generate. Una Guardiana del mondo-di-sotto che riceve «le maloròse» «in una radura di brughi e lischi nel folto della brughiera», presso la Préa Krüa verdazzurra, e che quando appare loro «sembra una forma nebbiosa che fluttua nel fogliame» (capovolgendo al femminile Esodo, come avverrà pure con Matteo per le Beatitudini e Giovanni per la «veste» cinta da «qualcun altro» da vecchi).
Una Eva dalla «vista gùzza, passo silenzioso e sapienza di segreti» che «ne ha viste tante di dónn maltrattate; e sempre ha cercato di intervenire, separare, far ragionare», e che «quando apre la bocca, tutti tacciono fascinati, sentendosi risvegliare nel cuore un fondo di insospettate memorie». E ne vengono storie che incrociano miti, realtà terrene di violenza proprie di ieri e di oggi, sogni e desideri, nelle quali serpeggiano le domande di sempre su bene e male (le morti di bambini), colpa e giudizio, «pietà» e «klemenza»; e l'interrogazione su quella verità che «è difficile dire cosa sia, niente è fisso, tutto muta senza alcun preavviso», tanto da convincersi «che non si possa dire la verità delle cose».
Che è quanto fa di Eva ben più che un personaggio. Perché Eva è la Memoria. Memoria che «vuol dire imparare oggi e domani da ieri». Ed «è una vera grazia che la memoria custodisca le immagini di chi non c'è più. E non solo l'immagine, ma anche il suono delle loro parole e risate, il soffio tiepido del loro alito, l'odore forte di resina e fumo che ha sempre impregnato l'affollata cabána delle dónn, il profumo lattoso che emanava dalla pelle dei piscinèl»

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Ilvaporetto.com - settembre 2025

La nuova narrativa di Laura Pariani celebra la forza delle donne e la riscrittura del mito primordiale
Il nuovo romanzo di Laura Pariani riscrive la genesi del mondo da una prospettiva femminile, unendo tradizione orale, dialetto lombardo e critica al patriarcato attraverso la figura simbolica di Primamà.

di Ivan Rossi

 

Il nuovo romanzo di Laura Pariani, intitolato Primamà e pubblicato il 9 settembre dalla casa editrice La nave di Teseo, si propone come una rilettura profonda e ribelle della genesi del mondo. L’opera si distingue per il suo modo di raccontare dalla prospettiva femminile, combinando elementi di tradizione orale e dialetti locali. Pariani, premiata nel 2025 con il Premio Fondazione Il Campiello alla Carriera, riafferma qui la parola come strumento di resistenza e memoria, attraverso una narrazione che intreccia storie, culture e antiche ritualità.

 

La figura di Primamà come simbolo di resistenza femminile e memoria collettiva
Nel cuore del romanzo emerge la protagonista, Primamà, unica sopravvissuta dopo la morte del millenario Adàm, figura archetipica maschile. Adattandosi a un mondo privo di nome e governato da regole patriarcali, lei si trasforma in custode di memoria e forza. La sua vita si intreccia con pratiche antiche: cura con le erbe, modellazione di argilla per onorare i defunti, e la trasmissione orale di storie che si fondono con il mito. Primamà vive in un villaggio dove gli uomini adorano un dio punitivo, mentre le donne si rivolgono alla Mamagrànda, divinità sotterranea. Questo contrasto facilita l’opposizione di Primamà all’ordine imposto, in particolare attraverso la sua opera educativa rivolta alle ragazze. Insegna loro ad ascoltare e immaginare, alimentando nei giovani un senso di libertà e creatività. Accompagnata da Scighéta-bèla, uccello guida simbolico, porta avanti il rito del racconto come forma di salvaguardia della conoscenza femminile, diventando così un’icona di resistenza culturale.

 

Un linguaggio che unisce dialetto lombardo e tradizione orale contadina
La trama di Primamà si sviluppa anche attraverso una lingua che ricalca il ritmo dell’oralità, mescolando il dialetto lombardo a sonorità tipiche delle filastrocche e della poesia popolare. Questo stile linguistico contribuisce a creare un’atmosfera sospesa fra mito e realtà, in cui il racconto si fa voce antica e insieme viva.
L’uso della lingua diventa uno strumento per ribaltare la narrazione ufficiale, incarnando un racconto più vicino alla terra e al vissuto delle donne contadine. L’autrice rifiuta la dimensione astratta del mito sacro tradizionale per restituire uno sguardo più materico e radicato nelle radici culturali del territorio lombardo. Questo approccio rende il testo non solo un’opera letteraria ma anche un documento prezioso di un sapere popolare in via di sparizione.

 

Riscrittura della storia sacra e critica al patriarcato nel nuovo romanzo di Pariani
Attraverso la figura di Primamà, Pariani riesce a proporre un’alternativa narrativa che mette in discussione la versione classica della genesi e della storia sacra. Nel romanzo, il racconto del mondo e della sua creazione è filtrato da una lente femminile che valorizza elementi come la terra, l’acqua e la memoria, opposti a un dio punitivo e a un ordine patriarcale rigoroso.
Questo intervento letterario fa parte di un dibattito più ampio sulla riconsiderazione delle mitologie fondanti delle società occidentali. La scrittura di Pariani cade in un momento storico in cui si stanno rivalutando le narrazioni tradizionali, cercando di correggere squilibri di potere culturale e portare alla luce storie e testimonianze femminili fino ad oggi marginalizzate. Primamà si colloca così in una corrente culturale che punta a una maggiore inclusività e a un nuovo modo di percepire la spiritualità e il rapporto con la natura.

 

La riconferma di Laura Pariani come voce autorevole nella letteratura italiana contemporanea

Il romanzo Primamà sancisce una tappa significativa nella carriera di Laura Pariani, autrice apprezzata per la sua capacità di intrecciare letteratura, teatro e tradizione orale. Il Premio Fondazione Il Campiello alla Carriera ricevuto nel 2025 testimonia la sua lunga dedizione al racconto di storie che mettono al centro esperienze spesso ignorate dai canoni letterari dominanti.
Con questo lavoro, Pariani porta in primo piano una narrazione capace di tenere insieme passato e presente, mito e vita quotidiana, attraverso la voce delle donne e il potere delle leggende tramandate. La pubblicazione nel settembre 2025 conferma la sua posizione nel panorama letterario italiano come una delle autrici più attente a indagare la complessità delle identità e delle memorie collettive.

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Tuttolibri - 20 settembre 2025

DIALETTO E PAROLE ANTICHE PER LE BRUTTEZZE DEL MONDO

Laura Pariani torna al tempo in cui la nonna le narrava le storie della Bibbia

 

di Mario Lavia

 

Dalla notte dei tempi arriva il suono delle parole di Eva, la prima donna del mondo è colta nella sua decrepitezza millenaria mentre accompagna il divenire di un’umanità primitiva, che in fondo somiglia tanto alla nostra. Laura Pariani, una delle più grandi voci della letteratura italiana contemporanea, recentemente insignita del Premio Fondazione Campiello, menzione speciale alla carriera per il 2025, ci regala un altro romanzo difficile e alto, Primamà, una discesa nelle caverne del tempo, cioè del mito, con il linguaggio verista del lombardo agreste intrecciato con la grande prosa “italiana”. Pariani ascoltava, bimba, la voce della nonna narrare la Bibbia suscitandole il moto dei sogni: “Con la nitida chiarezza dei sogni rivivo la cucina della mia infanzia, rivedo cose che non pensavo fossero ancora presenti alla mia memoria: lo specchietto piazzato in alto a destra del lavandino – tutto a quell’età mi pareva troppo alto – capace di moltiplicare i bagliori della stufa economica e lasciar baluginare dentro di sé immagini inquiete…”. La mente di bimba si perde: “È dunque con la voce di Nonna nell’orecchio – e non saprei dire dove finisse la raccontazione e dove cominciassero i sogni – che risalgo la corrente dei millenni e mi addentro  nell’inverno remotissimo in cui visse un’Eva millenaria a cui inevitabilmente do il volto di tutte le nonnàve che ho conosciuto, la loro competenza in fatto di disgrazie, la sapienza nel contare le storie-belòrie della brughiera lombarda”.
La Nonna racconta un po’ come in Proust, e con lei la Biszìa e Doña Rosa, e nel rammemorare quelle storie ecco che Primamà prende forma come un insieme fantastico di novelle senza tempo che ruotano attorno a Eva, colei dalla quale tutto è stato generato, la forza antica della natura e della saggezza, la regista delle cose del mondo, specie da quando il suo Adàm non c’è più, si è dato la morte perché non sopportava la malattia. Ecco Abèl e Kaìn in questa terra “Senzanome” dove incombe la sagoma del Tristo Trappoliere, cioè la Morte, ecco che nel trascorrere delle “lune” attorno a Eva è tutta natura matrigna con la quale scendere a patti, e questo Eva lo ha imparato nei “secola-secolòro”, sfidando mostri, interpellando figure divine, duellando con la cattiveria.
Eva “è bello ascoltarla. Le parole fluiscono come l’acqua che scorre fresca, mormorando e trascinando con sé ombre e luci, spazi e silenzi. Anche se a volte non si capisce se parli in sogno o meno, perché sovente i suoi occhi si chiudono e le sue parole cadono lente come d’autunno le gocce di nebbia dal grande nùs”. E le storie si dipanano una a una. Primamà è anche un libro di avventure da cui sgorga la morale. L’abisso del passato per Eva è un sempre-presente di un tempo cadenzato di disgrazie. “Ahinoi, così va il mondo. Il cuore balla di felicità un momento, eppoi, zac, basta un tomborlone, un graffiettino, e tutto si rompe. Siamo come una succhiata di lumaghìna. È la vita, e chi ha paura di pungersi non raccolga il fior del biancospino”. Eva è circondata da un’umanità da lei stessa generata, molta ferinità, sprazzi di bontà e vastissima inquietudine, diremmo con parola di oggi.
Con Primamà Laura Pariani compie ancora una volta un clamoroso esercizio stilistico scegliendo vocaboli dialettali che provengono da lontanissimo e dal vocabolario misterioso della natura e lo fa svolgendo favole antiche nelle quali donne, animali, fuoco, fiumi e divinità si mescolano in un metafisico girotondo. È la forza del ricordo che dà un ordine alle cose eterne.

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naturaosta.it - settembre 2025

Laura Pariani: il potere delle parole e delle donne in Primamà

di Alessandro Moretti

 

Laura Pariani, scrittrice e drammaturga di grande talento, fa il suo ritorno in libreria con un'opera che promette di scuotere le fondamenta della narrazione tradizionale: "Primamà", pubblicato il 9 settembre 2023 da La Nave di Teseo. Questo romanzo non è solo una testimonianza della potenza delle parole, ma anche un omaggio alla resilienza delle donne attraverso la storia. Pariani, che di recente ha ricevuto il Premio Fondazione Il Campiello alla Carriera per il 2025, ci invita a riflettere su temi di ribellione, memoria e identità che risuonano profondamente nella nostra contemporaneità.

La nuova prospettiva di "Primamà" - "Primamà" si presenta come un racconto avvincente e innovativo che riscrive la storia sacra da una prospettiva radicalmente diversa. La protagonista, Eva, la Primamà, si trova sola in un mondo che l’ha vista crescere e poi abbandonata, dopo la morte di Adàm, il millenario Adamo. Questo scenario, ambientato in una terra senza nome, diviene il palcoscenico per un viaggio di scoperta e di riappropriazione della narrazione. Eva non è più solo un personaggio biblico, ma diventa simbolo di tutte le donne che, nel corso dei secoli, hanno lottato per la loro voce e il loro posto nella storia.

Un linguaggio ricco e evocativo - Il romanzo di Pariani si distingue per la sua ricchezza linguistica, che mescola il dialetto lombardo con la musicalità dell’oralità contadina. Questa scelta stilistica non è casuale; serve a rendere omaggio a una tradizione di racconti che si tramandano di generazione in generazione, proprio come la memoria collettiva delle donne, spesso silenziata dalle narrazioni patriarcali. La scrittrice utilizza filastrocche arcaiche e visioni oniriche, rendendo la lettura un'esperienza immersiva e poetica.

La lotta per la libertà e l'autodeterminazione - Uno degli aspetti più affascinanti di "Primamà" è la rappresentazione di un villaggio sospeso nel tempo, un microcosmo in cui gli uomini venerano un dio punitivo e le donne trovano rifugio nella Mamagrànda, la figura materna del mondo di sotto. Questa opposizione tra i due mondi rappresenta non solo un conflitto di fede, ma anche una lotta per la libertà e l'autodeterminazione. Eva, in questo contesto, diventa una guida per le giovani donne, insegnando loro l'importanza dell'ascolto, dell'immaginazione e della libertà.

Elementi simbolici e temi attuali - L'uccello guida, Scighéta-bèla, è un altro elemento simbolico del romanzo. Questo personaggio rappresenta la connessione tra il mondo terreno e quello spirituale, un veicolo attraverso il quale Eva può trasmettere le sue storie-belòrie, che si mescolano tra mito e realtà. Le storie che racconta non sono solo narrazioni di un passato remoto, ma diventano strumenti di resistenza e di empowerment per le donne del villaggio. La capacità di raccontare diventa così un atto di resistenza contro l'oblio e la repressione.

Pariani affronta anche temi attuali come la valorizzazione della cultura femminile e la questione del patriarcato, che continua a influenzare le dinamiche sociali contemporanee. La scrittrice invita i lettori a riflettere su quanto sia importante per le donne reclamare il proprio spazio e il proprio racconto, a partire dalle storie delle loro antenate. "Primamà" è, in questo senso, un invito a rivendicare la nostra storia personale e collettiva, un atto di ribellione contro l'indifferenza e l'oblio.

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Il Giornale - 28 settembre 2025

Eva, la prima donna. Anzi, la “Primamà”

di Stefania Vitulli

 

Una vecchia dal viso tuttorughe, i cui occhi sembrano assorbire il crepuscolo: è Primamà, la prima donna, Eva, rimasta sola dopo la morte di Adàm. Sola a curare. Sola a raccontare. Sola a preservare quel dialogo con i Morti, gli antenati dai quali non si può prescindere. A volte per mangiarne la carne: se altro non c’è, essi offrono i corpi che hanno lasciato qui. Ma più spesso perché sono loro a cercarci: si stufano a stare nel Mondo di sotto, arrivano, ti passano sopra mentre dormi, più pesanti di un ratto, e ti mettono addosso uno “stremìzio” che ti fa dubitare di te stesso. L’arcaico e il mistero, grandi cose, il raschiare delle dita sulla terra nuda o il rumore di un ciocco di legno che cade, piccole cose: in Primamà (La Nave di Teseo, pagg.224) il nuovo romanzo di Laura Pariani, i mondi sono ancora uno, di miracolosa integrità, e gli umani si muovono cauti, impastati di rispetto, brutalità e tenerezza, già adulti nell’infanzia, eppure dominati da un pensiero magico, che covano orgogliosamente, a protezione, a rivelazione.
Appena celebrata con un prestigioso Premio Campiello alla Carriera dalla Confederazione veneta di Confindustria, la Pariani, arrivata a quasi 40 titoli al suo attivo, prosegue un cammino letterario resistente, soprattutto dal punto di vista della ricerca etica e linguistica. In Primamà la rivendicazione è forte: alla rilettura della Genesi corrisponde, per l’autrice, la scoperta che di Eva sappiamo poco o nulla. Un serpente, una cacciata, 140 figli. Ma quella madre merita una storia che si occupi di lei, che la mostri come una Madre possibile. Nel villaggio gli uomini credono in un dio, l’”Onnipòssio-di-lassù”, che va onorato con sacrifici umani, sacrifici per i quali muoiono bambini, oltre che prede. Le donne si affidano invece alla Mamagrànda del consolamento, le portano statuine, piangono i propri disastri al suo cospetto finché esauriscono la voce. Ma solo Eva sa che alla Mamagrànda piacciono le storie, solo Eva può raccoglierle e difenderle e solo il potere di quelle storie può aiutarla a comprendere la morte come necessità per una rinascita.
   Sebbene fortemente catartico – poiché benedetto dalla scelta di immergere la narrazione in un bagno di filastrocche, visioni oniriche, registri idiolettici ibridi e viscerali lombardismi – il romanzo della Pariani si muove nel territorio della formazione inversa: Eva ha tutto da ricordarci e va prima di tutto ascoltata con il cuore. Le sue domande saranno per sempre le nostre domande di di donna e dovrebbero diventare le nostre domande – e le nostre maledizioni- di umani, ogni giorno. “Perché il tempo matura alcune fiòle e ne avvizzisce altre? Perché si nasce se si deve poi morire? Perché il Tristo Trappoliere non aspetta che diventiamo vecchi per tenderci il laccio fatale e portarci via?”. Le eredi di Eva, depositarie del potere della parola, si risveglino, dunque, per ascoltare il messaggio che passa da nonne millenarie a nipoti di mille generazioni: è la tradizione a sfidare lo squilibrio, la narrazione a condurci sulla soglia della spiritualità.

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Primamà, Milano, La nave di Teseo, Oceani 269, settembre 2025