recensioni di

Nostra Signora degli scorpioni

 


La Stampa, Tuttolibri, 5 aprile 2014

Laura Pariani e Nicola Fantini
Con Dostoevskij delitto e castigo a Orta

In fuga dai creditori, lo scrittore russo offre la sua consulenza per risolvere un antico caso giudiziario

di Bruno Quaranta

Non poteva non riconoscere, Laura Pariani, nel villaggio di Orta, dove vive scrivendo e dipingendo, Dostoevskij, dopo avere scattato la foto a Nietzsche (e a Lou Salomé). Lei che, in una precedente storia, rivelava il segreto della verità: «Per dire al mondo la verità verissima delle infamità devi essere narratore. Perché in questo mondo solo contando storie riesce loquente la verità». Che cosa faceva di diverso Fëdor Michajlovic, fra i «portieri delle tenebre» (e dunque della luce) che folgorarono un signore non così estraneo alla verità, alias Papa Montini? 
Nelle tenebre, Laura Pariani si cala con Nicola Fantini, il coniuge. Forse per imitazione della coppia Abigaille-Dostoevskij (Abigaille l’affittacamere) che all’inferno va insieme: «Sapete che qui sul lago, a quel che dicevano gli antichi, c’è la porta d’accesso all’inferno? Non vi incuriosisce l’idea di vederla?». 

All’inferno e ritorno, riabilitando un innocente, Demetrio Costa, reo di parricidio, condannato a morte mezzo secolo prima, 1813. Dostoevskij, sulla scia, anche, dei Fratelli Karamazov, è attratto dal caso, lo investiga, presta la sua consulenza per risolverlo, docente egregio di sottosuoli, inanellando una serie «di commenti d’ordine psicologico». 

Tra realtà e finzione. Di sicuro, visitando l’Italia, Fëdor Michailovic soggiornò a Stresa. Perché non avrebbe dovuto raggiungere Orta, il catino aureolato dai Baedeker? Un uomo in fuga, un giocatore assediato dai creditori, come ogni spirito d’hasard sicuro della rivincita prossima ventura: «Più celermente potrò varcare la soglia del casinò, più presto risolveremo i nostri problemucci; ne ho il presentimento...». 

Laura Pariani (con Nicola Fantini) è il virgilio del «piccolo paradiso» ortese. Un’oasi color rosa fiero, come protettrice Nostra Signora degli scorpioni, esemplari tipici, gli insetti, della fauna locale, «bestie dell’umidità e delle case antiche», create - la mitologia - «per difendere le donne dalla prepotenza maschile».  

L’Orta dove si rifugia Dostoevskij, anelando riabbracciare Anna, ma con rabbia accorgendosi di pensare a Polina, «all’amore furioso che l’aveva tormentato per anni», è un sovrano gineceo. Da Abigaille, femminista anteliterram, a Gilda, medium, consorte del dottor Olindo; dalle frescante Carlona a Carolina, che, pur promessa sposa a Luis, si scioglie in Demetrio, già suo moroso; dalle maghe che «fanno la fisica», raddrizzando, almeno un po’, il male di vivere, alla generalessa Netta che intima al marito: «Lavora, cappello, che t’ho sposato per quello!». 

Laura Pariani (con Nicola Fantini) è la custode di un presepe d’antan. A poco a poco restaurato compenetrandosi appassionatamente e dolorosamente in un robusto Ottocento, onorandone i personaggi di uno sguardo mai morboso, mai giudicante («La gente agisce così com’è stata impastata nella culla. Non si scappa, neh»), accogliendone l’alfabeto «primitivo» («Tücc i cà hinn faa de sass, ciascheduna la gh’ha ’l sò fracàss»), elevandolo quindi a lievito della lingua comune. 

Svelato l’enigma, tra un proverbio, un verso scapigliato di Emilio Praga, un ritratto di Tranquillo Cremona, una viuzza acciottolata, Dostoevskij si imbarcherà, allontanandosi «pian piano verso nord, scomparendo dietro il promontorio di Orta», assicurano Laura Pariani e Nicola Fantini. 

Un gemellaggio si è compiuto. «Non si scopre mai la verità, col solo pensare», avverte Nostra Signora degli scorpioni, riecheggiando Delitto e castigo: «...non era in grado di pensare a una cosa con continuità, di concentrarsi in un pensiero; e non avrebbe potuto risolvere nessun problema coscientemente; sentiva, e basta. Alla dialettica era subentrata la vita». 

Ecco: la vita, la prova del romanzo, della sua esistenza, che Laura Pariani (con Nicola Fantini), rara avis nel nostro panorama letterario, nuovamente offre e soffre. 

↑ TOP


L'Avvenire, 30 maggio 2014

Dostoevskij sul lago d'Orta incontra gli altri Karamazov

di Fulvio Panzeri

Laura Pariani ritorna al romanzo, questa volta però scritto in coppia con il marito, Nicola Fantini, rimanendo fedele a quel suo mondo che si nutre di caratteri popolari, di locuzioni dialettali, di stregherìe, forte però di un'idea di fondo che la porta a raccontare nuovamente il lago d'Orta, dove da anni i due vivono e che conoscono nel profondo della sua bellezza unica e malinconica, attraverso una prospettiva alquanto originale e decisamente diversa da quella adottata in precedenti libri. In una nota finale all romanzo scrivono di aver iniziato quest'avventura narrativa quasi per scommessa, per «dare una rappresentazione più fedele e profonda di questo luogo che conosciamo "da dentro", dato che ci viviamo». Una scrittura che all'inizio prevedeva una suddivisione di ruoli, ma che poi, con naturalezza, ha portato ad un'unità: «Siamo partiti in due, dividendoci banalmente personaggi maschili e femminili, ma alla fine siamo diventati uno».
Un'unità che giova all'assetto narrativo del romanzo e soprattutto alla complessità dei riferimenti che portano il lettore a incontrare un paesino tranquillo, sulle sponde di un lago che era citato in tutte le guide (Baedeker) che i viaggiatori ottocenteschi portavano con sé, «un villaggio che emanava un senso di pace e di discrezione», con alle spalle il Sacro Monte, «che dava l'idea di una tana protetta dove non arrivavano gli echi del mondo». Siamo nel 1869 e nel romanzo i due autori immaginano la presenza a Orta di un gigante della letteratura russa, Dostoevskij, il cui effettivo soggiorno non è documentato, ma che appare possibile, visto che ha conosciuto Stresa e il lago Maggiore, non lontanissimi da Orta, nei tre anni trascorsi lontano dalla Russia, in giro tra l'Italia e la Germania. La Pariani e Fantini fanno di più di una semplice ricostruzione di un possibile soggiorno sul lago: entrano nel merito di uno dei suoi grandi romanzi, I fratelli Karamazov e mettono a confronto gli elementi usati dallo scrittore russo con quelli che emergono da un delitto feroce, avvenuto cinquantasei anni prima, nella bassa novarese, quando Teodoro Costa viene ucciso con inaudita violenza, caso chiuso in fretta dalla giustizia che designa come colpevole il figlio Demetrio che viene ghigliottinato e con la conseguente dispersione della famiglia. Il ritorno a Orta, dalla Francia, dove si era trasferito al seguito dell'armata napoleonica del nipote Enrico e l'incontro con le inquietudini e l'interrogazione interiore sui temi dell'odio e della colpa di Dostoevskij iniziano ad aprire piccoli varchi su una storia segreta, che non è quella fino allora creduta, una storia che sembra rileggere a specchio i punti nodali del grande romanzo dello scrittore russo. Sta qui la solidità di un romanzo denso e forte, in questo accostamento-rilettura di due storie parallele, una "vera" e l'altra romanzesca, accogliendo una sfida non certo facile, come quella di confrontarsi con un libro quasi "intoccabile", senza però né snaturarne il senso, né forzandone gli accostamenti, semplicemente raccontando l'universalità delle storie, il loro sovrapporsi.

↑ TOP


Leggere Donna, gennaio-Marzo 2015

Nicola Fantini, Laura Pariani, Nostra Signora degli scorpioni Sellerio, Palermo 2014


Il libro racconta una storia di profonda provincia del nord Italia, anno 1869, e si riferisce a un delitto accaduto oltre cinquant’anni prima, nel 1813. Il delitto è motore e causa prima di indagini, osservazioni, intrighi, sospetti, maldicenze, svelamenti di violenze domestiche soprattutto contro le donne, di un piccolo paese affacciato sul lago omonimo, Orta Novarese, borgo contadino in cui si vive di campagna, di pesca e di turismo, chiuso tra le bellezze dei monti della Val Cusio, lambito dalle rotte del gran tour degli intellettuali europei in Italia.
È proprio il paese di Orta dell’Ottocento, che, suo malgrado, si trova attraversato da percorsi internazionali, a essere sfondo e nerbo di questa narrazione. Le recenti armate di Napoleone, l’emigrazione di molti suoi abitanti poi tornati a casa, la presenza di personaggi del gran mondo che soggiornano sul lago, ne fanno un luogo di passaggi. Il luogo stesso diviene protagonista di queste vicende scabrose: violenze e sopraffazioni domestiche, grettezza di egoismi incalliti, miseria e diffidenza verso gli estranei, non solamente i turisti sentiti come inutili perdigiorno, ma anche i concittadini rientrati dalle vicende della emigrazione, con la chiusura mentale di chi è radicato in un piccolo posto e da lì non si è mai mosso.
La vicenda parte da un delitto efferato compiuto anni prima: un padre-padrone, Teodoro Costa, sgozzato nel suo letto, si dice, dal figlio Demetrio, che si dichiara fino alla fine innocente. Ma è un giovane dedito al gioco e al vino, non ama il lavoro, è un irregolare, e sarà giustiziato. Un altro figlio, Giovanni, era scappato tempo prima in Francia arruolandosi nelle armate di Napoleone, il figlio più piccolo, Sandrino, si era rifugiato in convento. La storia mette a nudo una serie di relazioni parentali complicate, come nei piccoli paesi dove gli intrecci familiari sono frequenti. Cinquant’anni dopo i fatti accaduti, la casualità di un soggiorno e l’ascolto di una narrazione interessante da parte di un ascoltatore molto attento alle storie scabrose, Fëdor Dostoevskij, che in seguito scriverà I fratelli Karamazov, con molte e insospettate attinenze con il delitto Costa, mette in moto l’azione.
Ecco la sorprendente invenzione di Laura Pariani e di Nicola Fantini, dediti con passione alla lettura di cronache giudiziarie e di resoconti processuali del passato: nel riscontrare affinità evidenti tra il delitto Costa e il romanzo di Dostoevskij, hanno messo in scena una ipotesi credibile, la presenza dell’autore sul Lago d’Orta, nei suoi tragitti di giocatore incallito verso i casinò della Germania, partendo da Firenze dove soggiornava in quegli anni. Così, insieme ad alcuni personaggi del luogo, tra cui il Francesino, nipote di quel Giovanni emigrato oltralpe, da poco tornato a Orta nella casa dei suoi avi, il russo indaga sulla vicenda del passato, poco convinto della colpevolezza di Demetrio, di cui comprende bene la sregolatezza e il vizio del gioco. In una settimana (il racconto è scandito da una cadenza regolare di giorni susseguenti, divisi per fasce temporali di mattino, pomeriggio, sera, notte) si muovono le indagini che portano i numerosi personaggi a dipanare la tela dei misteri.
Accanto al delitto eccellente, ben documentato dalle cronache del tempo, con giudizio e sentenza eseguiti, ci sono altri delitti taciuti, nascosti o dimenticati, anche sotto forma di suicidi indotti, di cui nessuno si dà più pena di parlare: quelli di tre donne le cui vicende si intrecciano con quelle della famiglia Costa. La diversa considerazione della vita di uomini e donne occupa un notevole spazio nella narrazione, nel confronto dei destini diversi, dimostrando una precisa attenzione di scrittura.
Sarà una donna, la vecchia frescante Carlona Piana, anche lei imparentata con la famiglia Costa, abituata al duro lavoro dei pittori, con un fare sbrigativo e autorevole, e una acutezza di giudizio che la solleva dai panorama culturale gretto del borgo, a voler fare finalmente giustizia di tanta sofferenza femminile, dichiarandola apertamente in un’ultima opera di pittura, affrescando una sorta di Giudizio Universale, con i buoni e gli offesi da un lato, e gii indegni e i colpevoli dall’altro. Al centro una Madonna giustiziera, che rimette ordine in un mondo di violenze brutali.
Interessanti alcuni luoghi radicati nella cultura del Lago, centro di simboli arcaici legati alla potenza femminile, come il Büs d’I’Orchéra (Antro dell’Orchessa), vero antro di accesso all’Inferno, dove avvenivano, nel passato, riti di propiziazione e di maledizione da parte delle donne, luogo di una cultura alternativa e profonda.
Altro dato di interesse del romanzo è la scrittura a quattro mani, che ha esiti efficaci, mantiene una sperimentalità di tensione nella costruzione dei personaggi, ne disvela caratteri e punti di vista in un gioco di rimpallo riuscito, come tra chi si conosce bene, accoglie la lingua dell’altra, dell’altro, e la sa lavorare dall’interno. Un romanzo “fuori dal coro”, come si legge giustamente nei ringraziamenti finali, a testimoniare che il romanzo, ancora, sa creare un mondo che cattura, nella piacevolezza di una prosa che abbellisce la narrazione.

 

Gabriella Musetti

 

↑ TOP

Nostra Signora degli scorpioni, Palermo, Sellerio, marzo 2014