recensioni di

Il nascimento di Tònine Jesus

L'Avvenire, domenica 21 dicembre 2014

Passato e presente Laura Pariani «La saggezza contadina insegna il senso dell'attesa»

intervista di Alessandro Zaccuri

Il Natale del tempo passato, questa volta, è passato sul serio. Si toma indietro fino al XVII secolo, Tempora d’Avvento dell'anno di grazia 1690. La contadina Gaudenzia Galia Maria Pariano, incinta di un figlio maschio che - se resterà in vita - si chiamerà Fermo, sale in pellegrinaggio al Sacro Monte di Orta, ammira le cappelle in cui è ricostruita la vita di san Francesco, chiede la grazia e forse, chiedendola, già la ottiene. «Quello è davvero il nome di una mia antenata», spiega Laura Pariani, che nel suo II nascimento di Tònine Jesus (Interlinea, pagine 96) ha provato a immaginare quell’ascesa, intrecciandola con il Natale di oggi e gettando uno sguardo al futuro. «Il modello è il Canto di Natale di Dickens - ammette -. Sono partita da lì, poi mi sono fatta guidare da Gaudenzia. Che viene dal passato, è vero, ma io scrivo di lei adesso. Anche lei, insomma, appartiene un po’ al mio presente».

Come le sembra il Natale di oggi?
«Più povero di quello di ieri. E non per colpa della crisi, anzi. Ripenso alla mia infanzia contadina e mi vengono incontro i ricordi luminosi di una giornata bellissima, vissuta tutta in famiglia e scandita da un rituale che si ripeteva identico di anno in anno. A una cert’ora il pranzo, a un’altra la tombola, poi gli altri giochi, il panettone. Ma lo sa che anche i giocattoli, alla fine, venivano messi via per il Natale seguente? Però sapevi che erano lì, nel sottoscala, insieme con le statuine del presepe. Ti aspettavano e tu potevi vivere un altro anno nell’attesa. C’era, in tutto questo, una ricchezza di cui purtroppo si è perduto il significato».

Sta dicendo che il Natale della sua infanzia era in qualche modo simile a quello di Gaudenzia?
«Più simile al suo che a quello delle mie nipotine, senz'altro. Vede, nella civiltà contadina si lavorava ogni giorno, senza distinzione. Tranne che a Natale, perché secondo la tradizione a Natale gli animali parlano tra di loro e noi esseri umani dobbiamo tenerci alla larga. Altrimenti correremmo il rischio di ascoltare qualcosa che non ci riguarda, qualche segreto che è meglio ignorare. Non provo nostalgia, sia chiaro. È solo che, di questi tempi, mi sembra di essere circondata da una povertà culturale spaventosa, che non lascia più spazio all’attesa, allo stupore».

Chi è Tònine Jesus? «Tònine è la storpiatura del latino Domine, così come lo si pronunciava in campagna. Ma quand’ero piccola non lo sapevo e non riuscivo a capire come fosse possibile che Gesù, il Figlio di Dio, venisse indicato con quell’appellativo. Nel nostro dialetto tra Lombardia e Piemonte, infatti, tòni balòni è l'espressione con la quale ci si rivolge ai bambini di tre, quattro anni. Quelli che proprio non hanno voce in capitolo, né tanto meno esperienza del mondo. Ecco, a me pareva strano che Gesù Bambino, che era un tònine anche lui, fosse tanto rispettato dagli adulti, al punto da poter alzare la manina e benedirli».

Che cosa impara Gaudenzia nel suo pellegrinaggio?

«Vede il lago per la prima volta, intanto, e per una donna del fondovalle come lei è uno spettacolo sconvolgente. La zona di Orta era particolarmente selvaggia, a quell’epoca. Colpì un filosofo come Nietzsche, figurarsi se non colpiva Gaudenzia. E poi c’è la prima cappella, nella quale è raffigurata la nascita di Francesco in una stalla. Non ci sono uomini in quella scena, solo donne. La nascita, nel mondo contadino, è un momento assoluto, che riguarda unicamente la madre e il figlio. Non è il presepe, perché manca san Giuseppe. Ma qui parla la saggezza, e la saggezza va sempre ascoltata».

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Il nascimento di Tònine Jesus, Novara, Interlinea, Nativitas n. 76, dicembre 2014