La spada e la luna
La spada e la luna

Risvolto di copertina

Garcilaso de la Vega, detto El Inca, il primo vero storico della conquista del Nuovo Mondo, il primo a fermare sulla carta la memoria dei vinti negli anni stessi in cui i conquistadores la dissipavano, era figlio naturale di un capitano spagnolo e di una principessa Inca di Cuzco, nel Perù. Il suo raro destino volle che, appena adulto lui, iniziato il cursus honorum di uomo di lettere e di chiesa nella Spagna di fine Cinquecento, già scomparisse la cultura complessa e forte nella quale era nato e da cui, bambino, la sua mente aveva fissato i primi quadri indimenticabili dell'esperienza.

La spada e la luna è il romanzo della vita di Garcilaso: o il racconto possibile dell’anima di Garcilaso, «paloma ostinata» che torna sempre da dove era partita.

E poiché quella vita è simbolo dell’essere senza radici, dell’essere un ponte sospeso sul nulla o sul sogno, il racconto persegue tutte le pieghe del sogno possibile di Garcilaso, più che quelle della biografia. E di altri sogni che vi si incrociano: «Garcilaso de la Vega, Miguel de Saavedra detto Cervantes e William Shakespeare, scomparvero contemporaneamente la notte tra il 22 e il 23 aprile 1616. Sulla loro tomba si legge l'identica iscrizione: 'Buon amico, per amor di Dio, non frugare tra la polvere qui racchiusa'».


La prima pagina

Diego o le chiavi della memoria

Cordoba, aprile 1617. Luna piena

 

Cosa rechiamo con noi, dove possiamo arrivare, quando avanziamo su un filo di inchiostro? Tradiamo i nostri segreti? Contrabbandiamo come vero e reale ciò che in noi è ormai morto? O ci insinuiamo nell'avvenire, cercando di manipolarlo e di dargli un senso, colorandolo delle lamentanze dei nostri fantasmi?

Vorrei avere il dono celeste della parola, per riuscire a raccontare con sufficiente chiarezza la storia di don Garcilaso de la Vega, mio padre naturale. Se fosse vivo, oggi 12 aprile dell'anno del Signore 1617 compirebbe settantotto anni... Al suo funerale, dodici mesi fa, quando i becchini sollevarono la sua bara, ebbero parole di stupore, dal tanto che era leggera; uno disse perfino: «una piuma, come se dentro ci fosse un bambino...». Né mia madre Beatriz né io osammo confessare loro che nella cassa c'era solo un fantoccio di paglia grigia, che quella notte in fretta e furia avevamo cucito, e una maschera di garza, che riproduceva le sembianze del suo volto (...)

La spada e la luna. Quattordici notturni, Palermo, Sellerio, La memoria n. 345, ottobre 1995

Das Schwert und der Mond, Verlag Wagenbach, 1998

Das Schwert und der Mond, Verlag Heyne, Diana-Taschenbücher, 2002

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